Molti disturbi tiroidei possono essere prevenuti fornendo ogni giorno alla tiroide quantità adeguate dei micronutrienti necessari per il suo corretto funzionamento, a partire dallo iodio, costituente chiave degli ormoni tiroidei. Altri elementi importanti sono il selenio, il ferro e la vitamina A, necessari per lo svolgimento di reazioni enzimatiche fondamentali per la corretta funzionalità della tiroide e il metabolismo degli ormoni tiroidei.
Lo iodio può essere assunto attraverso l’alimentazione, ma la quantità ottenibile con la dieta media della popolazione non permette di soddisfare il fabbisogno giornaliero. Per questa ragione, tutte le istituzioni sanitarie a livello mondiale raccomandano l’uso regolare di sale iodato.
In Italia, per aumentare l’assunzione di iodio e prevenire condizioni di iodoinsufficienza, è stata introdotta la legge n. 55/2005 «Disposizioni finalizzate alla prevenzione del gozzo endemico e di altre patologie da carenza iodica», seguita nel 2009 dall’istituzione dell’Osservatorio Nazionale Monitoraggio Iodoprofilassi in Italia (OSNAMI). La legge n. 55/2005 riconosce l’importanza dell’uso regolare di sale iodato (che deve contenere 30 mg di iodio/kg di sale), rendendone obbligatoria la presenza in tutti i punti vendita e sollecitandone l’impiego nella ristorazione collettiva e nell’industria alimentare.
I cibi naturalmente caratterizzati da un più elevato contenuto di iodio e in grado di assicurarne un apporto maggiore in relazione alle quantità mediamente consumate con la dieta sono il pesce di mare, i crostacei e i prodotti ittici derivati, il latte e i latticini (contenuto iodico variabile in funzione dell’alimentazione del bestiame e dell’uso di disinfettanti contenenti iodio per pulire le mammelle prima della mungitura).
Le carni di qualunque tipo forniscono quantità modeste di iodio, così come i cereali e i vegetali non specificamente arricchiti, il cui contenuto iodico varia notevolmente in funzione della varietà, delle caratteristiche del terreno e delle modalità di coltivazione.
Il contenuto di iodio delle verdure (per esempio, patate e carote), dei cereali (corn flakes, riso soffiato ecc.) e dei prodotti da forno può essere aumentato attraverso l’aggiunta di quantità definite di iodio (prodotti fortificati) oppure di additivi alimentari che lo contengono.
* Dati medi europei. Il contenuto medio di iodio degli alimenti varia in funzione del Paese considerato.
A determinare l’effettivo apporto dietetico di iodio contribuisce anche la modalità di cottura dei cibi. In particolare, rispetto allo stesso alimento crudo, il contenuto di iodio diminuisce del:
con la frittura
con la cottura alla griglia
con la bollitura
Grandi quantità di iodio sono presenti in alcune alghe marine (Fucus, Kelp e Kombu ecc.), che possono rappresentare un mezzo di integrazione. Tuttavia, per evitare problemi le alghe devono essere consumate con moderazione ed evitate qualora siano già presenti disturbi tiroidei, che potrebbero essere peggiorati dall’eccessiva assunzione di iodio.
Per soddisfare il fabbisogno di iodio è necessario anche fare attenzione ai cibi che possono interferire con il suo metabolismo. I principali sono le rape, i broccoli, i cavoli, il rafano, la soia, gli spinaci, le patate dolci, il mais, il miglio, la manioca, i semi di colza, le arachidi, le noci e alcuni additivi alimentari. In condizioni di iodosufficienza un consumo “normale” di questi alimenti non crea problemi, mentre la loro assunzione può essere controindicata in presenza di patologie tiroidee o stati di carenza iodica.
Una dieta equilibrata, comprendente 2 porzioni di pesce di mare alla settimana, latte e un po’ di formaggio tutti i giorni, garantisce circa il 50% del fabbisogno giornaliero di iodio (complessivamente pari a: 90 μg nei bambini fino a 6 anni, 120 μg in età scolare 7-12 anni, 150 μg negli adulti). Il restante 50% deve essere assunto attraverso il consumo regolare di 3-5 g di sale iodato al giorno.
Durante la gravidanza e l’allattamento il fabbisogno di iodio aumenta a 250-300 μg al giorno. Per raggiungere questi valori e garantire il corretto funzionamento della tiroide materna e fetale, oltre a consumare alimenti ricchi di iodio e sale iodato, è necessario assumere anche integratori mirati, specifici per la gravidanza.
Garantire un adeguato apporto di iodio nell’infanzia è particolarmente importante perché è stato osservato che ciò influenza la possibilità di mantenere la piena iodosufficienza e una corretta funzionalità tiroidea anche in età adulta.
Ogni grammo di sale iodato fornisce 30 μg di iodio. Il suo consumo regolare permette, quindi, di coprire il fabbisogno giornaliero di iodio con pochi grammi di sale al giorno, mantenendosi in linea con le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e di tutte le istituzioni sanitarie di non assumere più di 5 grammi di sale al giorno, per non aumentare il rischio di ipertensione e altre malattie cardio e cerebrovascolari.
L’uso quotidiano del sale iodato è raccomandato a tutti, a prescindere dall’età e dalla presenza di patologie (con l’eccezione di condizioni di ipertiroidismo o altre situazioni nelle quali è necessario ridurre l’apporto di iodio).
Le quantità ideali di sale iodato da assumere ogni giorno corrispondono a:
I più recenti dati del monitoraggio OSNAMI (Osservatorio Nazionale Monitoraggio Iodoprofilassi in Italia) indicano che, in Italia, le vendite di sale iodato sul totale del sale utilizzato a scopo alimentare sono aumentate dal 34% del 2006 al 65% del 2017, avvicinandosi al target ideale del 90% raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per assicurare una buona iodoprofilassi alla maggioranza della popolazione.
L’uso di sale iodato è sicuro e, ai livelli di consumo raccomandati, non espone a un’assunzione eccessiva di iodio né a un aumento del rischio di patologie tiroidee o cardiovascolari.
La relazione tra quantità di iodio assunto e malattie tiroidee mostra un andamento a U:
Tuttavia, l’eventualità di un’assunzione eccessiva è abbastanza remota: il reale problema a livello globale è assicurare la iodosufficienza alla maggioranza della popolazione, fin dallo sviluppo fetale in gravidanza e durante tutta la vita.
I dati disponibili indicano che la minima probabilità di andare incontro a disturbi tiroidei di tipo funzionale e/o autoimmune è legata al mantenimento di assunzioni giornaliere ideali di iodio comprese tra 150 e 250 μg/die per tutto l’arco della vita.
La comune alimentazione con l’aggiunta di sale iodato non permette di superare livelli di assunzione di iodio ritenuti sicuri, mentre l’uso di alcuni farmaci e integratori alimentari che contengono quantità elevate di iodio possono creare problemi, soprattutto in chi presenta disturbi tiroidei e se l’impiego è prolungato. In questi casi, durante l’assunzione è necessario sottoporsi a regolari controlli della funzionalità tiroidea.
In aggiunta allo iodio, durante la gravidanza può essere utile aumentare l’assunzione di selenio per soddisfare il maggiore fabbisogno, supportando l’attività della tiroide e contribuendo a prevenire la tiroidite post-partum. Un’integrazione di selenio per alcuni mesi può essere utile anche contro l’esoftalmo tipico del morbo di Graves-Basedow. In entrambi i casi, l’opportunità di assumere integratori contenenti selenio va discussa con il medico e vanno evitati eccessi.
Fonti:
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